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Dal bosco al giardino

Dopo una settimana passata alla scuola nel bosco si ritorna alla scuola “normale” e una domanda sorge spontanea: e ora?

Se ne è discusso abbastanza all’interno del gruppo di lavoro perché tutti eravamo coscienti dell’importanza di questo passaggio: all’inizio del progetto abbiamo condiviso l’idea e l’impegno che la permanenza nel bosco non fosse la gita o una parentesi selvatica della normale quotidianità ma null’altro che la scuola che per un lasso di tempo cambiava il contesto ambientale di riferimento.

Facile a dirsi ma, come è ovvio, l’essere nel bosco ha modificato l’organizzazione dei tempi, l’utilizzo degli spazi, la gestione degli strumenti, lo sviluppo delle attività e il risultato è stata sicuramente la scuola (maestre, dade, si sta insieme, si arriva, si mangia, si ritorna a casa) ma così profondamente diversa da correre il rischio di non riconoscerla. Nel bosco erano possibili cose in sezione poco concepibili (che so, stare beatamente sotto la pioggia battente, mangiare con le mani, movimentare enormi quantità di bastoni, foglie e terra, ……) e ora che si stava salutando il bosco per l’ultima volta (in realtà ci saremmo rivisti ancora a maggio per un’altra settimana) era evidente che per il progetto si apriva una fase nuova ed estremamente interessante: gestire la quotidianità  coltivando la continuità.

Nel periodo intercorso tra le due settimane nel bosco ho avuto l’opportunità e la fortuna di ritornare più volte alla scuola dell’infanzia Ferrari (una di quelle coinvolte nel progetto); ho lavorato con i bambini, ho parlato con le maestre e le dade e ho incontrato anche i genitori.

Da esterno mi è sembrato di cogliere almeno due strategie, ampiamente interconnesse, messe in campo dalla scuola per governare e sviluppare i rapporti tra vita nel bosco e vita in sezione; ecco alcune considerazioni a riguardo.

Ritorno al bosco

I bambini di 5 anni delle tre sezioni eterogenee della scuola Ferrari sono tornati dal bosco carichi: carichi di immagini, esperienze e materiali (l’ultimo giorno hanno raccolto diversi sacchi di reperti silvestri da mostrare ai loro compagnucci più piccoli) e carichi di energia e di voglia di fare. Si sono messi subito al lavoro e hanno trovato tanti e tanti modi per recuperare, raccontare e rielaborare tutto quello che era successo nel bosco. Disegni, pensieri, le canzoncine e le filastrocche del saluto al mattino, le fotografie, la mappa, l’angolo dei tesori, le storie inventate, i racconti per i più piccoli. Ogni tanto ci pensava poi l’amico picchio a portare le ultime novità dal bosco e anche qualche regalo: i cuscini per potersi sedere all’aperto quando era bagnato o un bel fascio di potature, rami lunghi e flessibili utili per giocare e costruire, anche una capanna.

Quando, il 14 maggio, ci siamo rincontrati a Villa Ghigi, sembrava fosse trascorso solo un giorno dal nostro ultimo appuntamento tale era la freschezza con cui ricordavano ogni cosa e l’aspettativa per riprendere l’esperienza.

La conquista del giardino

Chiamare giardino lo spazio esterno della scuola Ferrari non è propriamente corretto. L’edificio è stato inaugurato da pochi anni e l’area esterna è ancora ampiamente incompleta oltre che, e questo è il problema principale, estremamente piccola; meno di 1000 mq per 75 bambini.

Risultato: una distesa di sassolini vulcanici (sono stati messi al disotto di uno strato di suolo per favorire il drenaggio, ma milioni di passi e saltelli, seppur leggeri, li ha riportati alla superficie) con qualche ciuffo di erba lungo la recinzione. Oggi in realtà l’amministrazione sta valutando la possibilità di risistemare il prato e soprattutto di ampliare lo spazio esterno a disposizione dei bambini e questo impegno ha sicuramente trovato slancio e ragioni nell’esperienza vissuta nel bosco. Perché il bosco richiama necessariamente il giardino e allora diviene importante interrogarsi su come utilizzare lo spazio verde delle scuole e su come questo spazio può essere concepito, trasformato e mantenuto per riuscire a svolgere la funzione educativa che può competergli.

Il tema è di grande attualità e l’esperienza della scuola nel bosco penso possa offrire uno stimolo e un contributo molto concreto. Alla scuola Ferrari, per esempio, nonostante i limiti oggettivi descritti in precedenza, il ritorno dal bosco ha portato, in maniera molto naturale, a un maggior utilizzo dello spazio esterno. Alcuni momenti della routine giornaliera (la colazione, il cerchio in cassettiera, la lettura di storie…) si sono spostati spesso al di fuori dell’aula; il gioco libero all’aperto si è molto arricchito di raccolte, collezioni, ricerche e esplorazioni naturalistiche; la pioggia, la neve e il fango non sono più stati, sempre e necessariamente, motivo per non uscire ma, al contrario, uno stimolo a mettere occhi, mani e cuore fuori dalla porta. Così era nel bosco, così è stato anche in sezione. Sono stati necessari stivaletti e mantellina e poche e semplici attrezzature (cuscini per potersi sedere sul suolo umido, scatoline per raccogliere i tesori, cassette, rami e foglie per inventare giochi sempre nuovi). Certo, vestire e spogliare i bambini richiede tempo e energia (ma poi imparano perché interessa anche e soprattutto a loro) ma il vero problema non è questo:  uscire nel giardino o nel bosco per giocare, esplorare e conoscere espone a dei rischi; non tanto i bambini (è ormai riconosciuto in maniera quasi unanime che stare all’aperto, in mezzo alla natura, fa bene al corpo e allo spirito e anche nelle nostre settimane nel bosco solo graffi e leggere abrasioni portate come medaglie) ma le insegnanti potenzialmente si; in un mondo ormai abituato a cercare le responsabilità ancor prima di prestare soccorso ai feriti, l’idea di dover giustificare la caduta da un albero, la puntura di una vespa o magari le semplici macchie di erba sui pantaloni (stranezze difficilmente concepibili rispetto a quanto può capitare, e capita, all’interno dell’edificio) appare estremamente imbarazzante. Quindi? Una possibilità, probabilmente e sfortunatamente la più praticata, è quella di desistere; o meglio, in giardino si va (le scuole dell’infanzia passano in genere diverse ore in giardino) ma solo nella bella stagione e a fare solo poche cose: soprattutto gioco libero di movimento (corse e inseguimenti più o meno organizzati) con la conseguenza che tutto sommato gli spazi meglio averli vuoti e aperti dato che qualsiasi cosa (albero, arbusto, attrezzo) può diventare ostacolo e potenziale pericolo.

Un’altra possibilità esiste e merita qualche rapido ragionamento.

Alla scuola Ferrari, ad esempio, è stato stretto un patto: gli insegnanti e i coordinatori pedagogici del quartiere, con la collaborazione della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna, hanno condiviso con i genitori l’idea di un progetto educativo che valorizzasse lo sfortunato spazio esterno: si va a fare scuola in giardino e quindi le unghie sporche di terra e qualche graffio sono da mettere in conto; si va a fare scuola in giardino e allora perché non portarci degli attrezzi per giocare (cassette, pneumatici), panchette e cuscini per sostare o un piccolo orto, un’aiuola di piante aromatiche, un alberello che si copra di fiori rosati per renderlo più bello e interessante? Siamo di ritorno dal bosco e un po’ di bosco lo portiamo con noi: due arbusti come nascondiglio, foglie secche e lunghi rami per una comoda capanna. Il giardino progressivamente si trasforma, si arricchisce e diversifica; una sorta di cantiere in divenire, spazi pensati per attività differenti e specifiche; spazi pensati per recuperare quel contatto con la natura che abbiamo il dovere di restituire ai nostri bambini. Gli esempi ci sono ed è importante farli conoscere.

Ed ecco quindi, per finire, una proposta: che questo sito diventi anche strumento per raccontare i giardini scolastici (quelli pensati e vissuti come luoghi di esperienza e crescita)  e quanto di interessante  vi capita ogni giorno.

Paolo Donati

6 commenti
  1. Francesca
    Francesca dice:

    Ciao,
    sono una delle insegnanti che ha collaborato alla sperimentazione nella scuola Ferrari, questo articolo mi ha nuovamente immerso nel bosco facendomi rivivere ogni emozione provata. Ieri ho portato il mio nuovo gruppo di bambini di 3-4-5 anni a giocare in giardino, abbiamo trovato un arbusto e non sono riuscita a fermare i bambini mentre si intrufolavano tra i rami, salivano sul tronco che dondolava e mentre scuotevano i rami per simulare la tempesta. La paura che si ferissero è stata meno potente del piacere di vederli giocare.
    Oggi abbiamo trovato un uccello in decomposizione, catturato insetti, costruito una tana per i ricci, una trappola ed un dinosauro di legno…
    A tutte le maestre; Non privatevi del piacere di vedere i vostri bambini giocare, non private i bambini del piacere di giocare con e nella natura…
    Francesca

    • admin
      admin dice:

      ciao Francesca e ben ritrovata
      Complimenti per avere ripreso, nella tua nuova sede, le attività di esplorazione e scoperta del giardino. Se ne hai voglia tienici aggiornati sulle vostre scoperte.
      A presto

  2. cojocaru ioana
    cojocaru ioana dice:

    ciao a tutti io sono la mamma di patricia che a partecipato a questo projecto, devo ringraziare a tutti per il lavoro che avete fatto, e stata una esperienza indimenticabile, oggi siamo ritornati al parco villa ghigi e si ricordava ancora tutto, anche la strada che facevano in città per arrivare a villa ghigi. Hanno imparato ad amare la natura fino a le piccole cose, hanno scoperto un altro mondo, che forse noi i genitori non li avremo mai lasciato fare per diverse paure, tipo scivolare su la erba bagnata, trufolare trai rami, e tante altre cose. un altra volta grazie per tutto, tutte le volte che avremo possibilità di venire lo faremo molto volentieri.

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