Il nostro fiume e il nostro lago
C’è il rischio di andare fuori tema (niente bosco per questa volta) ma mi sembrava interessante offrire un ulteriore spunto di riflessione; dopo l’attenzione rivolta ad un giardino per molti versi eccezionale (quello della scuola dell’infanzia Salvator Allende di Reggio Emilia) può valere la pena ragionare sull’eccezionalità di fare cose normali in ambienti consueti.
Anno nuovo, è tempo di cambiamenti. Si è concluso a Casalecchio un progetto più che ventennale di educazione ambientale e nell’ordinare il tanto materiale accumulato nel corso dell’esperienza è saltato fuori un quadernone, regalo di una maestra al termine di un corso di formazione teso a valorizzare l’utilizzo educativo degli spazi verdi delle scuole .
Anno scolastico 1997-98; classe IC. Il nostro fiume e il nostro lago
Poche pagine nel maiuscolo un po’ incerto da fine prima elementare, qualche disegno, alcune fotografie e un testo dell’insegnante che fa il punto sull’attività svolta in giardino con la sua classe negli ultimi due anni.
Scrive la maestra. “…. il lavoro sugli insetti è stato organizzato secondo questa metodologia: scoperta guidata o più spesso spontanea della presenza di un determinato animaletto in una certa zona, ricerca della presenza del medesimo anche in altre zone, scoperta di una stretta relazione tra animale e habitat; i bambini sapevano dove cercare le coccinelle e dove le formiche e hanno imparato a servirsi degli elementi stessi della natura, opportunamente trasformati per risolvere le loro necessità (mezzi per ottenere acqua o umidità, uso vario dei bastoncini, piante profumate per pulirsi le mani dopo i lavori….). La familiarità raggiunta da quasi tutti i bambini con animaletti dapprima giudicati repellenti è stata notevole. Hanno anche imparato a suscitare le scoperte per esempio creando zone del giardino protette da una pietra sotto cui presto si concentra la vita. Il mio ruolo in tutto ciò? Anzitutto una funzione di interessamento nei confronti dei loro giochi e delle loro scoperte, specie durante le ricreazioni. Solo in classe le lezioni assumevano un aspetto più tradizionale mentre il grosso del lavoro si è svolto in giardino ed è stato frutto di spontaneo interesse, nel rispetto anche della loro curiosità e dei loro tempi. Ad esempio in prima hanno lavorato alla costruzione (abusiva) di un piccolo fiume sfociante in un laghetto. L’esperienza è rimasta loro nel cuore perché legata all’aspetto ludico del manipolare terra e acqua e dell’inventare soluzioni atte a risolvere i problemi via via nascenti come il rinforzo degli argini…..”
E proprio alla realizzazione del fiume e del lago si riferisce il quaderno; oggi, molto più che 15 anni fa, penso meriti una lettura particolarmente attenta. Poche frasi ma estremamente dense: dentro ci si può trovare il problem solving e il cooperative learning, l’approccio esperienziale, l’idea della partecipazione, l’importanza del prendersi cura, il metodo scientifico, il mettere in gioco competenze plurime e integrate, il sapersela cavare a partire da quanto offre l’ambiente oltre a rimandi anche raffinati a svariate discipline come pedologia, idraulica, fisica, gestione del territorio, ecologia…
Soprattutto si legge con grande immediatezza il piacere che nasce dal fare una cosa interessante, importante e impegnativa; proprio come un gioco.
Spunto operativo. Nel giardino della scuola (sicuramente dell’infanzia probabilmente anche primaria) non dovrebbe mancare un’area per lo scavo e una fonte di acqua.
GEnt.me sono una mamma di due bimbi
la bimba 5 anni e il bimbo 3 anni….in questo momento frequentano entrambi la medesiam scuola dell’infanzia..una scuola con ambienti direi preziosi: un importante parco con all’interno un naturale bosco (essendo una materna di montagna) all’interno abienti “grandi” dove anche nelle lunghe giornate invernali, quando non è possibile uscire, possono trascorrere momenti e spazi vivibile.
TUTTO QUESTO PO PO DI ROBA……sminuito da metodi direi antiquati, osbsoleti, sorpassati, insegnanti poco preparati , poco motivati, ..e leggendo le vs news letter mi sembre di vivere un altro mondo…
come si può dedurre dalle mie parole sono consapevole della mia frustrazione di fronte a tutto ciò
venendo i miei due bimbi da un nido; solo un muro dista il nido dalla matarna ;e dista emotivamente, mentalmente almeno due generazioni.
….non ho premesso che la materna è Statale e il nido gestito da una cooperativa…con la presenza di tanta formazione, un pedagogista, e voglia di rispettare i diritti dei bambini.
al nido sopra menzionato l’anno scorso dietro un incontro con il pedagogista (nel rispetto dei diritti naturali dei bambini di Zavelloni) abbiamo, noi genitori, pedagogista, insegnanti organizzato lo spazio esterno con anbienti di gioco di luci (luce e buio), piante aromatiche odori e sapori, camminatoi con vari materiali, spazio libero per la ricerca di insetti ecc… per valorizzare l’ambiente e le stimolare le risorse dei bambini.
Nei prox giorni alla materna abbiamo un incontro, richiesto da noi genitori della sezione dei 3 anni, per la proposta di attività…ci proverò vediamo come evolverà
grazie per leggermi
buona giornata
Moltissimi auguri per l’incontro dei prossimi giorni. Dall’esterno mi sembra vi siano ampie possibilità di miglioramento: la preziosità dell’ambiente, l’esperienza già realizzata nell’attiguo nido e soprattutto l’attenzione e la volontà di almeno alcuni dei genitori sono presupposti importanti che giocano a favore di un maggiore e più significativo utilizzo dello spazio esterno. Per cominciare penso basti veramente poco: bisogna attrezzarsi per superare alcune piccole difficoltà legate all’uso del parco (stivaletti per il fango, vestiti comodi e caldi) e poi trovare dei pretesti per andare a lavorare all’aperto con una certa regolarità ponendosi obiettivi estremamente semplici. Ad esempio si potrebbe decidere di uscire dalle aule nei diversi momenti dell’anno per andare a raccogliere materiali naturali che saranno poi ordinati e utilizzati in sezione.
Una volta iniziate molte attività vanno poi avanti da sole.
Buon lavoro e a presto