Dopo la scuola nel bosco; storie di pozzanghere e serpenti
Noi della scuola dell’infanzia XVIII Aprile lo scorso anno con i bambini di 5 anni abbiamo passato due settimane nel bosco del Parco Villa Ghigi; bene, come viviamo il “dopo” di un’esperienza così intensa e “carica”?
E’ un domandone, perché davvero gli stimoli ricevuti sono stati tantissimi… è un po’ come se fossero stati aperti e rivitalizzati canali di cui avevamo perso memoria..
Però pensavo… se provassi ad entrare “con occhio estraneo” dentro la mia scuola, la mia sezione, in un giorno qualsiasi… probabilmente non noterei un granché di diverso dal “vecchio solito”… tranne… un cesto in salone, vicino all’uscita del giardino, stipato di stivaletti infangati! .. ecco, questo penso sia il segno più tangibile della nostra eredità del Bosco!
Dei bambini dello scorso anno, con cui abbiamo vissuto l’esperienza, non ne è rimasto uno (tutti promossi alla primaria!) e, a parte alcuni fratellini e qualche amichetto cui era giunta voce (e i cui genitori sono arrivati carichi di forti aspettative) tutti gli altri (la quasi totalità) non avevano attese, pensieri, idee sul bosco; con loro abbiamo dovuto ripartire da zero, riparlare di giardino, del “fuori”, ecc..
Altro segno “affaticante”: l’abbattimento di alcuni alberi del nostro giardino, in particolare QUELLO che l’anno scorso usavamo per arrampicarci, che sembrava fatto apposta per salire e sedersi a cavallo tra due rami… che brutto vederlo tagliato a pezzi, senza nemmeno il tempo di salutarlo a dovere!
Insomma, le premesse a settembre non erano delle più colorate…
Però poi, fin dai primissimi giorni… nello stare coi bambini nel nostro grande giardino, non so… da subito mi son sembrati piuttosto… SELVATICI!
Questi 26 piccoli di tre anni si muovevano senza timore in questo grande spazio (davvero grande, privo della “barriera” di separazione tra nido e scuola dell’infanzia), affascinati da ciò che trovavano per terra, a cominciare dalle… noccioline! Una vera e propria caccia a questi piccoli frutti e che divertimento una volta che hanno capito che, pestandoli a dovere, liberavano un cuore gustosissimo da mangiare! (e nonostante mie malsane indicazioni tipo: usate una pietra per rompere il guscio!, mi hanno insegnato loro ad usare semplicemente i piedi).. E poi i rametti! Per alcuni sono stati fondamentali nel periodo dell’inserimento: quante raccolte dei bastoni più belli da ricercare per la mamma!… e poi utilissimi per “cucinare”, o disegnare sul fango; sì perché mica erano spaventati dal terreno molle e appiccicoso, anzi! E anche gli stivaletti per i bambini sono fonte di grande gioia e soddisfazione, praticissimi da infilare, permettono il gioco all’aperto in diverse condizioni meteo!
.. Proprio piccoli selvatici! Ma, ho pensato, sarà il caso? .. E poi mi è venuto in mente che, forse, non erano diversi i bambini, ma…semplicemente..io. Perché li ho lasciati liberi di giocare nel e col giardino, dando loro fiducia e, soprattutto, non ostacolandoli con divieti sui quali, durante il “ciclo” precedente, mi son dovuta ricredere.
Riflettendo mi è venuto in mente di come anche i “vecchi” tre anni i primi giorni erano affascinati da nocciole, rami, insetti, ecc… e di come fossero stati subito FRENATI: raccogli le nocciole, ma non le apri, il bastone non lo puoi tenere in mano, guai se ti appendi a un ramo, non giocare con la terra…e allora, certo che poi queste cose non le guardavano più! Era come essere in un negozio di caramelle ed avere il divieto di prenderle, allora tanto vale tapparsi occhi e naso…
Credo quindi che, soprattutto, di diverso ci sia proprio una prospettiva “mia”… che voglio tra l’altro difendere ora che ne ho un po’ di consapevolezza, che voglio coltivare e far fiorire!
Però, come nella maggior parte delle cose, anche nell’educazione al “selvatico” non sono solo rose e fiori e spesso il processo di crescita non si presenta esattamente lineare (soprattutto per gli adulti…o forse in particolare per me):
Allora…
Primo giorno di sole dopo un fine settimana di pioggia… cosa fa la “brava maestra” amica della natura? decide di portare i bimbi di tre anni fuori a giocare in giardino. Ormai è una consuetudine: stivaletti, giacca e via, fuori a giocare! poiché la maestra si ritiene anche previdente si raccomanda coi bambini: giochiamo e corriamo, cerchiamo però magari di non rotolarci nell’erba perché è tutta bagnata! bene, i bambini ascoltano e concordano appassionati. Siccome il tempo è poco, i bambini vengono lasciati correre fuori mentre a poco a poco gli ultimi finiscono di prepararsi. Dopo alcuni secondi uno dei bambini che erano già fuori rientra per raccontare alla maestra il gioco “nella pozzanghera” che alcuni stanno facendo. La voce dell’infante tocca profondamente l’animo della maestrina selvatica nella cui mente riappare con chiarezza il gioco fatto la settimana precedente quando con i bambini si è divertita a camminare e saltare in una pozzanghera melmosa per poi lasciare impronte fangose. Urge dare un’occhiata: vicino alla capanna di legno c’è la più grande pozza d’acqua (oserei dire “oceanica”) che in quattro anni di permanenza in quella scuola abbia mai visto… e alcuni dei bambini si stanno divertendo tantissimo a correrci in mezzo, diciamo pure che si stavano lavando!!!
Così la sottoscritta perde la bussola: richiama i bambini e prova pure a sgridarli, ma nel far uscire le prime sillabe si ricorda del gioco da lei stimolato e… cerca di non rovinare proprio tutto.. e si arrampica sugli specchi chiamando in causa “l’equipaggiamento” non adeguato (comunque i bambini sono stati proprio bravissimi, in effetti mica si rotolavano nell’erba!) e poi cerca un compromesso: si mette a “dirigere” il traffico, così da lasciare i bambini nella pozzanghera, ma senza esagerare!
Bene.. .. ..
dopo alcuni minuti Alessandro si avvicina alla maestra e comincia a dirle: Francesca, vieni a vedere un verme… e lei: sì Ale, arrivo… di nuovo: Francesca, vieni a vedere, c’è un verme!.. e la maestrina continua a rimandare… d’altronde sta dirigendo il traffico!
Siccome però il bambino non demorde, con grande magnanimità l’adulta si appresta a seguirlo, preparandosi a “godere” alla vista dell’ennesimo lombricone semischiacciato e agonizzante … invece, dopo pochi passi Ale indica in alto, fra i rami del nocciolo… l’allarme della maestra si tramuta in terror panico nel vedere, tra i rami in alto del nocciolo “un robo” rosso avvolto in parte al ramo e in parte “moventesi” verso l’esterno! a questo punto una parola le rimbalza nel cervello: “è un mamba!! è un mamba!!”
e così comincia a chiamare (urlare direi!!) a raccolta i bambini: “tutti dentro!!!! venite tutti dentro che facciamo un bel gioco!!!” parole accattivanti, ma qualche bambino la guarda notando decibel non consueti… poi la maestra scheggia dentro chiamando a gran voce la dada Stefania che si precipita allarmatissima pensando si trattasse di incidente gravissimo… Francesca esce e vede Alessandro che invece di essere dentro a togliersi gli stivaletti è tornato fuori e ha portato un amico sotto l’albero incriminato… , panico… comincia a richiamarlo a gran voce, prova a vincere il suo terrore puro per ciò che striscia e esce in giardino per andare a salvarlo, a prenderlo per metterlo al riparo… accidenti ai bolognesi pazzi duri che allevano serpenti, accidenti al giardino, mai più, altro che bosco.. cemento e sezione, mai più!!!! e, mentre Stefania esce con cestino e bastone, lei la segue un po’ distante e, mentre la vede all’opera, prega e chiede al Signore perché le ha fatto una cosa così… a lei che sempre lo ringrazia per non aver mai avuto a che fare coi serpenti.. ed ora invece… proprio lì, coi bimbi, a scuola…
Poi Stefania la chiama, e sta ridendo… la povera maestrina si avvicina al cestino…il coso orribile è un giocattolo!!! a mo’ di serpente, ma un giocattolo!!!
Ciliegina: Francesca si ricorda di un pomeriggio post terremoto di giugno.. la maestra Marta aveva portato fuori un cesto con degli animali di gomma..e il serpente era stato lanciato fra i rami… un bambino aveva avvertito proprio Francesca, che era andata a vedere, ma tra le foglie rigogliose di giugno, era risultato impossibile ritrovare il serpentello…e Francesca, che è molto spiritosa, aveva pensato sorridendo che, una volta che fosse caduto giù, qualcuno (magari le colleghe del nido) avrebbe preso proprio un bello spavento!!!
che scorpacciata di insegnamenti!!!!
Maestra Francesca, scuola dell’infanzia XVIII Aprile
Carissima Francesca, che piacere leggere di te e della tua scuola! Sono la collega della scuola d’infanzia Ferrari che ha condiviso il progetto del SELVATICO, usi così tanto questa parola che a distanza intuisco quanto profonda sia stata per te l’esperienza. Avevamo promesso di incontrarci per riparlarne e spero che tu possa ancora trovare del tempo da dedicare al ricordo. Momentaneamente io sto lottando per coinvolgere le mie nuove colleghe ma è veramente difficile. Tutto ciò che si fa dentro le mura ha acquistato un valore secondario perchè io e te abbiamo visto dei bambini liberi, felici ed autonomi negli spazi aperti.
Mi sento triste perchè la strada da fare è molto lunga, noi abbiamo acquisito nuovi strumenti perchè l’ esperienza ci ha dato nuovi occhi per guardare ma, è difficile far comprendere ad altri il nostro vissuto. Non sono sicura di aver mai veramente riconosciuto quali fossero i reali bisogni dei bambini, ora però mi è impossibile trascurarli. Intanto cerco di leggere e di aggiornarmi sulla pedagogia della natura per sentirmi più forte.
Grazie per aver scritto così tanto, mi ha fatto bene!
Francesca
Francesca, che bello! Mi dai sempre un bell’esempio!
Hai ragione..è veramente difficile pensare di potere fare diverso dopo un’esperienza come quella che abbiamo avuto modo di vivere noi! ..
Ricordati che…dobbiamo vederci! (ps: non ho più il tuo numero!)
Ti abbraccio,
buon lavoro!!!
Francesca