Oggi mi immergo nella natura

 

“Irene? Ciao, noi siamo qui, alla casetta. Ci sono i vostri sacchi a pelo, ma voi non ci siete. Dove vi raggiungiamo?”.

“Seguite il sentiero sulla destra e poi sentirete le nostre voci. Vi aspettiamo”.

Eh sì, perché quando vai alla scuola nel bosco, non vai in un luogo preciso, ben definito. I bambini e gli insegnanti potrebbero essere lì, ma potrebbero essere anche là e non sai se stanno facendo un aperitivo con i piselli appena raccolti nel vicino orto oppure stanno osservando tutti in cerchio, quatti quatti, una cornacchia che si è avvicinata anche lei per fare uno spuntino.

La scuola nel bosco non ha una struttura che accoglie aule e bagnetti, non ha il riscaldamento, non ha una lavagna e non ha neanche la stanza del riposino e la mensa con i piatti per il pranzo. La scuola nel bosco ha però ampi spazi a cielo aperto dove trascorrere l’intera giornata, alberi che riparano dal sole quando scotta tanto da dar fastidio e tronchi comodi su cui sedersi per riposarsi un po’. Ha un carrettino di legno fatto apposta per trasportare zainetti, borracce, libri e una torta fatta in casa dalla maestra. Specialmente ha a disposizione tutto il materiale che ogni buon insegnante vorrebbe avere per la sua scuola e i suoi piccoli alunni: la natura.

Avviato quest’anno per la prima volta a Bologna in fase sperimentale, la scuola nel bosco, che vede come ente capofila la Fondazione Villa Ghigi, è un progetto che riprende e approfondisce le già avviate esperienze dei Waldkindergarten, una tipologia di scuola dell’infanzia nata nel Nord Europa che propone un’istituzione educativa che ha come principale peculiarità lo svolgimento delle attività a diretto contatto con la natura, spesso in assenza di un edificio scolastico.

L’esperienza si rivolge alla scuola dell’infanzia e nello specifico sono state avviate sperimentazioni con quattro gruppi classe di altrettante scuole di Bologna e provincia (scuola dell’infanzia di Monteveglio, scuola dell’infanzia Ferrari di Bologna, scuola dell’infanzia Vignoni di Casalecchio e scuola dell’infanzia XVIII Aprile di Bologna).

La scuola nel bosco non coinvolge solo i bambini, infatti il progetto si struttura in quattro fasi che hanno lo scopo di porre in relazione il bambino e tutte quelle persone che ruotano intorno all’educazione del bambino stesso: sono coinvolti i genitori in primis, gli insegnanti, gli educatori, i pedagogisti, gli operatori ambientali e formatori fino ai ricercatori universitari. Ci sono attività di formazione, di sperimentazione, di documentazione e di ricerca nella forte convinzione che il dialogo condiviso sugli aspetti educativi relativi al bambino in rapporto all’ambiente, possa rafforzare e rendere quest’esperienza unica, ricca, preziosa e irripetibile. Ogni individuo con il proprio ruolo e le proprie competenze.

Lo stare nella natura prevede un’immersione sensoriale molto forte e necessaria se si vogliono cogliere tutte quelle peculiarità e complessità che ci vengono offerte dal bosco. Se di sensi si sta parlando entrano in gioco gli odori, i profumi e le puzze, i suoni, i ronzii e il silenzio, il toccare qualcosa di ruvido, di viscido, di morbido e che fa solletico, l’assaporare l’aspro di un frutto non ancora maturo e il dolciastro di un gambo d’erba, il vedere colori e forme, osservare i piccoli dettagli e contemplare l’insieme indistinto degli alberi sopra la nostra testa.

La lettura di un albo illustrato e in modo più ampio la dimensione narrativa, se intrapresa con un continuo scambio tra reale e immaginario, prevede anch’essa il coinvolgimento totale dei sensi. Proprio con questa specificità che accomuna le due esperienze si è andato a costruire un percorso di formazione con insegnanti e addetti  ai lavori con l’obiettivo di sviluppare una riflessione articolata sul libro illustrato e sperimentarne i possibili utilizzi all’interno dell’esperienza della scuola nel bosco. E ancora, viene affrontato il rapporto tra infanzia e selvatichezza nella cornice del bosco inteso come soggetto in continua evoluzione e capace di offrire una gamma infinita di stimoli pedagogici.

Perché il bosco è un territorio complesso e colmo di relazioni. È un ambiente vivo e palpitante, carico d’inconvenienti e di piccole difficoltà che costringono a un continuo mettersi in gioco, un luogo che si contrappone ai classici edifici adibiti a ospitare le scuole materne, dove gran parte delle attività didattiche e di routine si svolgono al chiuso, in un ambiente protetto e artificiale.

Rapportarsi con un luogo che non ha bisogno di un intervento umano per poter funzionare, comporta la possibilità di porsi in relazione in modo profondo con esso: se schiaccerò inavvertitamente con un piede nudo un formicaio, probabilmente le formiche reagiranno e io avvertirò dei piccoli pizzicori.

L’influenzarsi a vicenda genera rapporti di causa-effetto che vengono sperimentati da ognuno in prima persona, episodi di autoapprendimento. L’interazione tra bambino e natura, via via sempre più intima, sarà sempre differente perché numerosissime e incalcolabili sono le variabili che si presentano, ma la qualità della relazione sarà sempre alta. Molteplici saranno gli stimoli per un apprendimento profondo e indelebile, in molti modi si potranno andare a incrementare e acquisire competenze che in questa particolare fase di sviluppo e scoperta della realtà, garantiscono una sana crescita.

Sarà importante sperimentare che se mi sporgo con troppo slancio da un pontile, molto probabilmente il bagno nello stagno è assicurato. E se lo stagno ha deciso d’inghiottire una delle mie scarpe? Che divertimento trascorrere tutto il pomeriggio cercando di ripescare con i ramoscelli il tesoro scomparso! È così, alla scuola nel bosco non esistono giochi strutturati, ma ogni occasione ci si offre come tale e con la natura i bambini possono inventare e sperimentare infinite possibilità di aggregazione o di giochi per stare soli con se stessi.

Le attività vengono proposte in estrema libertà perché sono i bambini che scelgono se lasciarsi coinvolgere o meno e anche quando si propone l’esplorazione di un albo illustrato, la lettura avviene in modo del tutto spontaneo in un instancabile andirivieni tra immaginario e reale. L’esperienza di poter osservare e decodificare delle figure in un continuo fluire tra rappresentazione e realtà, conferisce alla letturauno status di gioco che può essere indagato in tutti i suoi aspetti o interrotto in qualsiasi momento, l’importante è che siano rispettati i tempi interiori di ognuno.

Insieme si imparano a riconoscere le orme degli animali del bosco sfogliando il bellissimo Axinamu di Pittau e Gervais,  e i più esperti riescono anche a riconoscere animali più esotici come “il memory del Madagaxcar” da un solo piccolissimo dettaglio: l’occhio. Si scopre anche che il pelo “sofficioso” della pecora non è morbido come quello della mucca e ci sono molteplici modi di poter descrivere i colori, le macchie e le strisce delle pellicce animali. Si può anche passare del tempo seguendo bizzarri personaggi che indaffaratissimi s’incamminano per portare vivande, posate, bicchieri, trombette e coperte al pic-nic sull’ albero che cresce tessera dopo tessera, in Pique-nique papilles. Risuona famigliare la storia di Max in La balade de Max di Gauthier e Caudry, che viaggia nei boschi atterrando su una nuvola che ahimé, non riesce a sorreggerlo e si sgonfierà fino a generare un torrente in piena che innaffierà tutti gli alberi. Chi dopotutto non ha mai osservato le forme delle nuvole? E per chi non l’avesse mai fatto, può essere questa un’occasione imperdibile per mettersi alla prova.

Ma il bosco è anche un luogo meravigliosamente neutro, in grado di annullare le differenze di genere. Te ne rendi conto quando osservi una biondissima bambina che incuriosita dal fare esperto e sicuro del compagno di giochi, proverà a fare la pipì in piedi e, solo dopo qualche improbabile e maldestro tentativo, sarà costretta ad arrendersi di fronte all’evidenza dei fatti.

Perché alla scuola nel bosco s’impara anche ad ascoltare se stessi e ad ascoltare gli altri, ci si mette in gioco e quando la difficoltà non viene superata, la frustrazione è contenuta dal riconoscimento dei propri limiti, un altro traguardo raggiunto. L’autonomia e l’autostima che si acquisiscono con un’esperienza intensa, attraverso un rapporto così diretto con la natura, diventano valori che ben si radicano nel bambino.

Sono questi alcuni tra gli elementi che costituiscono quella che viene chiamata pedagogia del bosco, la base per un modello educativo di crescita del bambino a contatto con la natura, che nel Nord Europa appare come già consolidato e rappresenta una valida alternativa a un modello scolastico classico. Ancora in Italia queste realtà sono poche, sporadiche o addirittura sconosciute. Ci auguriamo che questo modello educativo diventi sempre più diffuso e sostenuto, nel tentativo di riconciliare uno stile di vita accelerato e votato all’eccesso con un’immersione lenta e profonda nella natura.

Roberta Colombo,   Associazione Hamelin

Bibliografia:

R. Badescu, B. Chaud, Pomelo sta benissimo sotto il suo soffione,De Vecchi, 2006

A. Crausaz, Raymond rêve, Editions MeMo, 2008

D. Gauthier, M. Caudry, La balade de Max, Albin Michel, 2007

I. Mari, L’albero, Babalibri, 2007

F. Pittau, B. Gervais, Primavera, estate, autunno, inverno, Topipittori, 2011

F. Pittau, B. Gervais, Axinamu, Les Grandes Personnes, 2008

F. Saint-Val, Pique-nique papilles : Le domino des feuilles, Editions MeMo, 2010

T. Tiong-Khing, Tortintavola. Ma la torta dov’è?, Beisler, 2011

C. Voltz, Ancora niente?, Arka edizioni, 2002


 

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